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Il fenomeno dell’hikikomori in Giappone è una piaga sociale di cui si è iniziato a parlare a metà degli anni ’80. In Italia, è difficile capire il numero di persone affette da questa Sindrome, da prime indagini si pensa che ci siano oltre 100 mila casi di ragazzi e ragazze tra i 14 e i 30 anni. Gli hikikomori tendono a rifiutare le interazioni sociali chiudendosi in casa o, nei casi più gravi, nella propria stanza. Spesso si tratta di giovani che rifiutano la pressione sociale, tipica delle società capitalistiche, fuggendo dalla realtà e dalle eccessive aspettative sociali. Molto spesso iniziano la loro “ritirata” a partire dal rifiuto della scuola e dei rapporti con i coetanei per poi arrivare anche ad allontanare i propri familiari.

In letteratura si legge che alle origini del fenomeno complesso e articolato, vi sono fattori sociali, personali /psicologici e familiari. La scuola ha un ruolo importantissimo nell’evoluzione e nella comprensione del fenomeno: l’ambiente scolastico viene vissuto in modo particolarmente negativo a causa delle aspettative legate alle scadenze scolastiche e ai voti.

Nel nostro Paese l’Associazione che si occupa di sostenere i giovani e le famiglie che affrontano questa problematica è Hikikomori Italia Genitori fondata nel 2017 da Marco Crepaldi, psicologo sociale che per la sua tesi di laurea si è interessato al fenomeno giapponese riscontrando la presenza di molti giovani, chiusi in casa, a cui l’ASL del suo territorio non riusciva a dare un inquadramento diagnostico.

L’Associazione è presente anche sul territorio Campano con tre gruppi di genitori seguiti da psicologi formati:
a Caserta, Napoli e Salerno.

L’hikikomori nel territorio salernitano

Il gruppo di genitori a Salerno è seguito dalla dott.ssa Patrizia Palomba, psicologa – psicoterapeuta, che si è resa disponibile a parlarci della realtà associativa del territorio. A Salerno l’impegno di sensibilizzare genitori e professionisti del sociale e della salute è iniziato nel 2019, in collaborazione con gli altri psicologi campani e con i genitori che hanno dato inizio al gruppo. Dopo i primi tre genitori si è arrivati ad oggi a un gruppo costituito da 12 genitori e con diversi altri contatti stabiliti proprio durante il periodo di lockdown che ha
determinato un’acutizzazione del fenomeno.

L’Associazione offre un servizio alla famiglia con incontri mensili di gruppo per permettere ai genitori di gestire i propri stati emotivi, confrontarsi con altri genitori che vivono le stesse difficoltà relazionali con i figli e riflettere sulle strategie comunicative più funzionali per non incidere negativamente e peggiorare involontariamente la situazione emotiva e psicologica già complessa dei propri figli.

La dott.ssa Palomba osserva che nel caso dei giovani con la pulsione al ritiro sociale che si rifugiano nella tecnologia: «In molti casi i genitori buttano pc, telefono, hanno reazioni drastiche che però
peggiorano la situazione». In questi casi occorre supportare il genitore che non sa come reagire al meglio di fronte alla chiusura col mondo esterno del proprio figlio, offrendogli delle indicazioni adeguate su come non perdere la fiducia e il confronto col figlio, è importante anche aiutare il genitore che si rapporta
costantemente col senso di colpa, con la vergogna, la rabbia, l’impotenza.

La dott.ssa continua affermando
che «la sola terapia individuale rivolta ai giovani hikikomori non può bastare, è necessario coinvolgere anche la famiglia. La terapia individuale è importante per elaborare gli aspetti della storia personale e gli eventi che hanno in qualche modo determinato la rappresentazione di sé e degli altri (la bassa autostima, la sfiducia, la visione negativa della vita e dell’altro, ecc..) e di cui né i ragazzi né le famiglie sono pienamente consapevoli. Il coinvolgimento della famiglia aiuta a fornire ai ragazzi/e il giusto supporto, aiuta i genitori a comprendere meglio il disagio dei propri figli e quindi, di conseguenza, a sintonizzarsi meglio con loro emotivamente, elemento centrale per una comunicazione reciproca efficace».

Un altro obiettivo prioritario dell’Associazione è dare informazioni sulla Sindrome e sensibilizzare il territorio attraverso convegni, incontri nelle scuole.

È possibile accedere ai servizi dell’associazione attraverso la pagina web Hikikomori Italia (attualmente è la modalità più utilizzata, insieme a segnalazione da parte della scuola), inviando una mail all’indirizzo campaniapsi@hikikomoriitalia.it o attraverso il contatto diretto al numero 339.4902326.

Prospettive per il futuro

La dott.ssa Palomba ci rassicura sul fatto che sono in programma nuovi interventi sul territorio quali la messa in atto di un servizio di educativa domiciliare effettuata da un’equipe formata da uno psicologo esperto e un educatore professionale per prendere in carico l’intero nucleo famigliare. L’interesse dell’Associazione è di fare prevenzione e di fornire strumenti non solo ai genitori ma anche agli insegnanti. Questa problematica coinvolge tantissimo la scuola in quanto i ragazzi/e manifestano le prime difficoltà nel contesto extrafamiliare. I primi campanelli di allarme della pulsione all’isolamento che inizia ad avere la meglio sulla voglia di esplorare innata dell’adolescente, sono il progressivo ritiro dalla vita sociale (palestra, uscite con amici, ecc..) fino a iniziare ad assentarsi da scuola prima in modo saltuario poi manifestando un vero e proprio rifiuto scolastico, che conduce molto spesso, purtroppo, all’abbandono scolastico.

Osserva ancora la dott.ssa Palomba: «Il rapporto con la scuola è molto importante in quanto bisogna far comprendere a questa istituzione che i ragazzi in isolamento sociale volontario non sono svogliati ma manifestano un disagio vero e proprio e con modalità didattiche alternative (come si è sperimentato in questi lunghi mesi con la DAD) potrebbero brillantemente superare l’anno scolastico senza incorrere in bocciature a causa delle assenze».

In tal senso un passo in avanti fondamentale è stato fatto a Febbraio del 2019 quando il MIUR, con il contributo dell’Associazione, ha emanato le linee guida nazionali per l’assistenza agli studenti in condizione di ritiro sociale volontario e iniziative atte a favorire il loro benessere. Spesso, purtroppo, l’isolamento non è solo una fase ma diventa cronico. In Giappone sono state individuate modalità di lavoro più flessibili e soprattutto che non richiedono costantemente la presenza del lavoratore, per favorire l’autonomia economica visto il numero alto di casi. «In Italia- fa notare ancora la dott.ssa Palomba- c’è il rischio di ritrovarsi adulti in isolamento che non possono diventare autonomi, noi non siamo attrezzati a favorire l’autonomia di persone in isolamento sociale» ma ci rassicura dicendo che, in base all’esperienza personale, quando il percorso del ragazzo è unito a quello della famiglia, l’evoluzione è in molti casi positiva. Fare la guerra non serve!

La dott.ssa Palomba consiglia ai genitori di non intraprendere una “guerra” contro i figli ma farsi aiutare in primis a gestire le proprie emozioni per meglio dialogare con il proprio figlio, che ha bisogno di mantenere una relazione positiva almeno con i propri riferimenti genitoriali, per non peggiorare ulteriormente lo stato di isolamento. Le tensioni comprensibili che si creano, spesso deteriorano completamente il rapporto genitoriale per cui la situazione peggiora in modo esponenziale. Sottolinea che: «E’ importante la prevenzione o comunque l’intervento precoce, anche perché i casi, specialmente dopo questo periodo di lockdown, sono in crescita. I ragazzi che già combattevano con la pulsione all’isolamento hanno sperimentato come positiva la situazione trovandosi in una capanna protettiva priva di ansie, tensioni e del confronto con gli altri».

Conoscere la situazione è già un primo passo per comprendere meglio il fenomeno e poter attuare interventi  pertinenti ed efficaci.

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